Miei affettuosi lettori e lettrici:
Con molto piacere vi faccio giungere la descrizione di questa incisione intitolata…
… IL GIARDINO DELLA DEA POMONA
Prima di tutto dobbiamo dire che la presente incisione intitolata Il giardino di Pomona fu realizzata da Léon Davent, un incisore francese della metà del secolo XVI. Il disegno originale dell’incisione fue realizzato da Francesco Primaticcio (1504-1570), un pittore, architetto e scultore italiano che trascorse la maggior parte della propria vita in Francia. I due, Léon Davent e Francesco Primaticcio, furono tra i principali artisti che lavorarono nel palazzo reale di Fontainbleau (Francia) tra gli anni 1531 e 1547.
Questa incisione è dedicata a Pomona e il suo giardino, la dea romana dei frutti. Nella maggioranza dei quadri, Pomona appare in mezzo a un giardino pieno di frutti accompagnata dal dio Vertumnus.
Nella parte destra del disegno si possono osservare tre personaggi che lavorano la terra, tre uomini nudi o seminudi guidati da una donna. Questa donna è la rappresentazione della Divina Madre (Stella Maris). Ella osserva sempre attentamente i nostri lavori alchemici. I tre uomini vengono ad essere la rappresentazione delle TRE FORZE PRIMARIE DELLA CREAZIONE.
Sul piedistallo rettangolare, a mo’ di altare in quanto ha offerte di frutti in ceste, pare che sia scritto in francese Fontaine d’eau (‘la fonte d’acqua’).
Vi possiamo apprezzare una scultura che rappresenta Priapo, un dio della fertilità nella mitologia greca. Lo si rappresentava come un dio itiffalico la cui missione era custodire le vigne e i giardini, specialmente i frutteti. Il commento più interessante trovato su questo dio è che, secondo Diodoro (storiografo e mitografo greco, 90 a.C.- 30 a.C.), Priapo era relazionato con il mito di Osiris. Sarebbe la deificazione da parte di Isis della virilità di Osiris.
Sul lato destro di questo altare o scultura, nella sua parte posteriore, appare un uomo. Questo uomo simbolizza la supervisione delle dinastie solari sullo sviluppo della Grande Opera interiore. Posteriormente, in primo piano, si possono osservare due donne accompagnate da un bambino, inginocchiate di fronte ad altre due donne appoggiate contro un albero. Queste due donne inginocchiate sono parti del nostro REALE ESSERE, e una di essere rappresenta la virtù dell’UMILTÀ, per cui ha una corona di alloro e con una mano porta un enorme ramo di erbe sacre. Il bambino che le accompagna simbolizza il Cristo nascente. Attira l’attenzione la posizione a X delle braccia di una di loro. Questa posizione rivela gli incroci incessanti del nostro Zolfo con il nostro Mercurio. Le altre due donne appoggiate a un albero rappresentano ugualmente parti del nostro proprio ESSERE. L’ESSERE è lo stesso Albero Sephirotico che supporta le sue diverse parti sacre.
In seguito possiamo vedere altre due figure maschili accompagnate da una femminile che escono da una costruzione simile ad un tunnel e portano due colonne sulle spalle. Tali figure sono i lavoratori interni della nostra opera alchemica e le due colonne che portano sulle spalle sono i canali metafisici che si trovano ai due lati della nostra spina dorsale (cioè IDA e PINGALA). La donna che accompagna questi due uomini è, nuovamente, la nostra benedetta Dea Madre Kundalini, che sta facendo avanzare il lavoro trasmutatorio.
Le enciclopedie ci raccontano che Pomona era, nella mitologia romana, la dea dei frutti e, per estensione, degli alberi da frutto, dei giardini e degli orti; lo era anche dell’ulivo e della vite. Il coltello per potare o la falce furono suoi attributi.
Il nome della dea deriva chiaramente da pomum ‘frutto’, ed è perciò chiamata Patrona pomorum, ‘Signora dei frutti’. Aveva un bosco sacro, il Pomonal, sulla strada tra Roma e Ostia. Un flamine si occupava del suo culto. Il flamine era un sacerdote romano considerato come la statua vivente del Dio al quale prestava i suoi servigi. La persona del flamine era sacra e inviolabile. Erano eredità di un’antichità piena di ombre misteriche. Il loro nome, dalla stessa radice indoeuropea del termine indiano bramano, faceva riferimento al soffio (flatus) con cui accendevano il Fuoco Sacro dell’altare. Erano i sacerdoti più prestigiosi dell’antica Roma, equiparati anche ai pontefici.
Pure la sposa del flamine era considerata sacra, essendo il simbolo della pietà coniugale e della castità. Doveva tessere l’abito cerimoniale di suo marito, un manto porpora di lana.
Durante le cerimonie usavano una mitra coronata da un ramo di ulivo per lui e per sua moglie un ramo di melograno sopra un’acconciatura appuntita (tutulus). Se durante un sacrificio al sacerdote cadeva il copricapo o mitra, veniva espulso all’istante dall’incarico che occupava.
Il paredro di Pomona era il dio Vertumnus, il quale, gnosticamente, non è altri che LUCIFERO, e personificava la nozione del cambiamento, della mutazione della vegetazione nel trascorso delle stagioni. A Vertumnus si attribuiva il dono di trasformarsi in tutte le forme o cose che desiderasse, il che è uno degli attributi del benedetto Lucifero.
Il più famoso racconto sul mito di Vertumnus e Pomona è quello di Ovidio (poeta romano, 43 a.C.-17 d.C.) commentato nella sua opera Le metamorfosi. In quell’opera di Ovidio si commenta che Vertumnus assume l’aspetto di un’anziana e sprona la riluttante dea a sposarsi mostrandole un olmo con una vite avvinghiata. Indubbiamente, affinché il nostro giardino alchemico sia fiorito sono necessarie le forze maschili e femminili, e da lì deriva tale proposizione. Perciò, nella pittura e nella letteratura, una vite avvinghiata a un olmo fu usata come simbolo del matrimonio, di un’unione per l’eternità. Il vecchio olmo non morirà mai, venendo sempre alimentato dalla vite. Vi aggiungo ora una bella pittura che illustra questo mito, attribuita al pittore italiano Giovanni Francesco Melzi (1493-1572), alunno di Leonardo da Vinci. Si osservi che in questa pittura si può vedere in lontananza un ponte roccioso nel quale, gnosticamente parlando, dobbiamo impiccare il nostro Giuda interiore. Allo stesso modo, vicino a quel ponte, alla destra della dea Pomona, ci viene segnalato un torrentello che scorre e allegorizza la Via Nirvanica, mentre al lato destro dell’anziana (Lucifero) possiamo apprezzare una zona montagnosa, rocciosa, arida, che ci indica la Via Secca, alchemicamente parlando. Entrambe le figure, la dea Pomona e l’anziana (Lucifero), sono sedute ai piedi dell’olmo, che è abbracciato dalla vite, e alcune rocce servono loro da sedili.
Permettetemi ora di regalarvi alcune frasi per la vostra riflessione:
«Il genio trionfa sempre, un genio che si lascia vincere non è mai un genio».
Benavente
«Il talento è una magistratura, il genio è un sacerdozio».
Victor Hugo
«Il genio è una rivelazione di Dio».
Calderón
«Il genio si compone per il due percento di talento e per il novantotto percento di perseverante impegno».
Beethoven
«I geni sono una dinastia. Non ce n’è un’altra. Essi indossano tutte le corone, compresa quella di spine».
Victor Hugo
DE PROFUNDIS.
─‘Dalle profondità’─.
KWEN KHAN KHU